lunedì 5 novembre 2012

World of Warcraft - Note dal diario di una sacerdotessa elfa

My Life as a Night Elf Priest
Titolo: My Life as a Night Elf Priest: An Anthropological Account of World of Warcraft
Autore: Bonnie Nardi
Casa Editrice: University of Michigan Press, Ann Arbor
ISBN: 0472050982, Pagine: 248, Anno: 2010


Se non riuscite a capire perchè quando dite: "Il pranzo è pronto! Vieni a mangiare!" a vostro figlio/sorella/compagno/marito/moglie, questi vi risponda "Non posso! Devo finire di uccidere il drago e poi arrivo", ma all'ora di cena non sia ancora arrivato, le possibilità sono poche: o è stato ucciso dal drago, o la vostra autorità è inesistente, oppure non riesce ad uscire dal cerchio magico di World of Warcraft. Per i primi due casi c'è ben poco da fare, ma questa recensione vi farà sicuramente sentire meglio nel terzo caso.

My Life as a Night Elf Priest non è un videogioco. E' un libro. Ma non è un libro su un videogioco. E' un'etnografia su un videogioco, anzi su un mondo che ruota attorno e costituisce il videogioco stesso. Non è un'etnografia qualsiasi. E' un'etnografia fatta bene. Infatti, io che non ho mai giocato a World of Warcraft (WoW), sono comunque sicuro che sarei più bravo di voi solo per averla letta.

Negli ultimi anni l'offerta dei titoli video-ludici è incrementata in maniera esponenziale e si è altrettanto diversificata, attraendo un gran numero di persone semplicemente curiose o puri appassionati del videogame. Nel 2007, gli incassi derivanti dalla vendita dei videogiochi hanno superato quelli dei botteghini al cinema. L'esperienza 'passiva' del guardare un film o del leggere un libro è diventata meno attraente dell'esperienza 'attiva' offerta dai moderni videogiochi.

Con i suoi 11.4 milioni di iscritti, il titolo della Blizzard Ent. World of Warcraft (WoW) è sicuramente un caso paradigmatico di questa situazione. Tramite il suo lavoro etnografico, Bonnie Nardi offre un dettagliato resoconto di questo MMORPG (Massively Multiplayer Online Role-Playing Game), spiegandoci il perchè ed il come sia così ATTRAENTE per così tanti giocatori in tutto il mondo. Più in generale, fornisce uno squarcio della cultura video-ludica contemporanea. Se (oltre alle domande di apertura) non riuscite a capacitarvi del perchè un account di WoW venga venduto su eBay a un prezzo più alto del vostro preziosissimo Gronchi rosa, il lavoro della Nardi può darvi una mano a capacitarvene.
Gli obiettivi dichiarati del libro (pp. 6-7) sono: (i) sviluppare un'argomentazione su WoW che ne esamini l'esperienza di gioco in quanto esperienza estetica e che si fondi sul pensiero di John Dewey e sui principi dell'activity theory; (ii) capire l'attività del gioco nella sua forma contemporanea e digitale; e (iii) di fornire un'interpretazione delle esperienze di gioco di WoW per tutti coloro che non ci giocheranno mai ma che, appunto, desiderano darsi una risposta ai quesiti posti prima. Il libro è diviso in tre parti: "Introduction to World of Warcraft"; "Active Aesthetic Experience"; e "Cultural Logics of World of Warcraft", che sono rispettivamente di due, tre e quattro capitoli. Attraverso tutto il lavoro lo stile narrativo è semplice, ma comunque intrigante, e il continuo alternarsi tra vignette etnografiche, riflessioni personali e teoria è sempre ben bilanciato.

La prima parte del libro permette a lettori e lettrici di familiarizzare con i MMORPG in generale e con WoW in particolare. Inoltre, chiarisce le fondamenta della ricerca etnografica e spiega il design del lavoro intrapreso da Nardi dal Dicembre 2005 ad Ottobre 2008. Le vignette introduttive sono chiare, ben contestualizzate e facilmente comprensibili anche per chi non ha mai sentito parlare di WoW.

Nella seconda parte, Nardi delinea il quadro teorico che utilizzerà poi nel resto del libro per illustrare le dinamiche che si svolgono dentro, intorno e su WoW. Utilizzando l'activity theory e la filosofia di Dewey, Nardi così definisce il giocare come un'esperienza estetica: "un'esperienza che implica una disposizione (attitudine) soggettiva verso l'attività" (p. 43). Affinchè quest'esperienza di gioco abbia luogo è necessario il coinvolgimento soggettivo e attivo del giocatore. Spingere i testi della tastiera e osservare il monitor non sono sufficienti. Inoltre questa parte include i capitoli usati per spiegare WoW nella sua qualità di nuovo medium - visuale e performativo allo stesso tempo - e per affrontare i significati confusi e sfumati che "gioco" e "lavoro" acquisiscono nel loro intreccio con il cerchio magico: l'idea che il gioco sia un settore completamente separato dal lavoro e da tutto il resto: 

Dall'esterno del cerchio magico, vediamo una persona fissare lo schermo del computer, magari che sta cliccando furiosamente. Le attrattive del gioco sono invisibili. All'interno del cerchio, è tutta un'altra storia. Un giocatore sta sviluppando un personaggio, interagendo con i compagni di gilda, scendendo in un pericoloso un sotterraneo, esplorando nuovi territori, o osservando la volta notturna (virtuale) stellata. (p. 116)

I quattro capitoli della terza e ultima parte del libro affrontano temi ricorrenti all'interno degli studi dei videogiochi, come: dipendenza dal gioco, theorycrafting e modding, relazioni di genere e gaming cultures. Particolarmente interessante sono i capitoli sulla dipendenza, alla quale Nardi si riferisce con uso problematico (p. 128), e quello sul genere. Nel primo, discute di quanto possa essere fuorviante un termine così forte come "dipendenza" in un contesto di gioco: anche se l'uso problematico da parte dei giocatori influenza le loro relazioni sociali e le attività esterne ad esso, in gran parte i giocatori sono consapevoli del problema e cercano aiuto trovandolo sia all'interno del gioco e al di fuori di esso. Nel capitolo sul genere, Nardi si sofferma sulle questioni delle pratiche di genere interne ad un mondo (virtuale) quasi interamente popolato da maschi. Qui, si sofferma su due "piani" in cui queste pratiche di genere si manifestano (pp. 158-165): un piano dominante che smorza l'eterosessualità ed un piano secondario in cui flirt eterosessuali e storie romantiche possono manifestarsi.

Il lavoro della Nardi è un eccellente esempio di come una ricerca etnografica, se ben fatta e raccontata, possa essere ugualmente valida per esperti, gente comune, appassionati, e disinteressati. My Life as a Night Elf Priest non è in alcun modo un lavoro di nicchia per gamers e geeks, infatti riesce a portare un contributo valido ed originale per l'area di ricerca sui videogiochi mantenendo allo stesso tempo uno stile narrativo ed un vocabolario comprensibile a chiunque.

Se dovessi citarvi uno tra i tanti aspetti positivi di questo "account antropologico di World of Warcraft", sottolinerei certamente la sorprendente abilità di Nardi di legare insieme le dinamiche interne al gioco con quelle della real life. Attraverso tutto il libro l'autrice fornisce vignette, citazioni e riflessioni teoriche riuscendo ad andare ben oltre l'analisi di 'un videogioco', come tradizionalmente inteso.

La giovane donna, che era sposata, aveva incontrato, all'interno del gioco, un giocator di cui si era innamorata. Arrivò sull'orlo del divorzio, pianificando perfino un viaggio per incontrare il suo amante di WoW nel suo paese di residenza. Sua madre intervenne, esortando la figlia a smettere di giocare a World of Warcraft e di recuperare il suo matrimonio. (p. 162)


(Il libro non è disponibile in italiano. Le citazioni e alcuni termini tecnici sono tradotti cercando di mantenerli il più fedeli possibile al senso originario...miei limiti linguistici permettendo.)

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