lunedì 14 gennaio 2013

Burger Time, la dieta e la crisi della morale occidentale


BurgerTime (Data East, 1982)



Avete presente quei personaggi strani, di cui purtroppo io sono circondato, fissati con il cibo? Non fissati alla "dio, stasera mangerei un bue", ma piuttosto fissati alla "mangiare un bue nuoce all'universo in generale e alla mia salute in particolare, in modo irreversibile e definitivo".

Anche se la pausa Natalizia è appena finita, il ricordo di grandi abbuffate è ancora vivo e presente, e il pensiero di come certi individui possano aver superato il periodo più beatamente grasso dell'anno mi turba. Mi turba sapere che qualcuno non ha mangiato una doppia porzione di cotechino. Mi turba sapere che c'è qualcuno che si è fatto un cenone della vigilia vegano. Mi turba sapere che qualcuno, alla domanda "cosa si mangia da voi a Natale?" risponda "Non lo so".

A tutte queste persone, ma anche a me stesso, dedico Burger Time. Un gioco che insegna l'equlibrio, l'alimentazione ragionata, l'attività fisica e il gusto per il cibo (sì, anche quello insalubre). Tutto in un unico gioco.
Burgetime è un arcade semplice: un cuoco sciancato deve creare degli hamburger giganti, sfuggendo dalle grinfie di minacciosi cibi "spazzatura", che lo cacciano come fossero lupi rabbiosi. 
Ci sono tutti gli ingredienti per fare di questo classico da bar uno dei giochi alimentari più educativi della storia: attività fisica (per schivare gli ostacoli), alimentazione varia (rappresentata dai vari strati del panino, che simboleggiano proteine, carboidrati, vitamine...) e fuga razionale e ragionata dal junk food (i wurstel, le uova e i cetriolini). Perchè parlo di razionale? Perchè, al contrario della maggior parte dei giovani fanatici moderni, il cuoco sa bene che il fine ultimo dei suoi sforzi è il godersi la vita (e non il contrario, con la vita dedicata allo sterile sforzo di mantenere se stessa). Il godimento è giustamente rappresentato dai panini, che sono il premio per le fatiche del cuoco e del giocatore. Panini. Hamburger. Junk food. Non schifezze scotte senza sale. Panino buono. Seitan no buono. Questo per sottolineare che se da un lato è importante nutrirsi pensando alla nostra salute, che ci permetterà di vivere a lungo e felici eccetera, dall'altro è necessario comprendere che vivere a lungo perchè dobbiamo vivere a lungo è una tautologia senza senso. Dobbiamo vivere a lungo per godercela più a lungo. I panini aiutano a godercela. Bastone e carota, quindi. Anzi, carota e hamburger.

NON È UNA SFIDA!
La validità dei principi del cuoco di Burger Time mettono a dura prova l'ortodossia di certi salutisti-hippie che infestano le città oggigiorno, che tendono a vedere l'alimentazione sana come una sorta di fine a cui aspirare, piuttosto che un mezzo per una vita sana ma ance gioiosa.
È stato coniato addirittura il concetto di "ortoressia", cioè l'ossessione abnorme per le norme alimentari, per il cibo e per le sue caratteristiche. Insomma, tra cibi biologici, zucchine dell'orto, filosofia macrobiotica, etica animalista, preoccupazioni salutiste e produzioni artigianali a chilometro zero, quello che effettivamente rimane da mangiare, secondo alcuni, è veramente poco (si pensi ai vari crudariani, ai fruttariani e vari vegetariani di settimo livello).
Per chi riesce a trovare un giusto equilibrio, per lo più psicologico, non è un gran problema, e tanto di guadagnato: alternare verdurine salutari a panini uovo e pancetta (o una gustosa e oleosa e fritta porzione di parmigiana) è un giusto compromesso tra salute e Joie de Vivre.
Ma sono tanti quelli che a pic-nic e cene conviviali mi propongono tofu e orzo bollito. A queste persone dico: vaffanculo.

Insomma, ben vengano i gusti strampalati, ben venga la tutela della salute, ma quando è troppo, è troppo.
Il Tao ci insegna l'equilibrio. Capito, fricchettoni?
Ho a volte l'impressione che il crollo dei valori occidentali abbia creato un vuoto nelle deboli menti umane, bisognose di credere in qualcosa e soprattutto di trovare un surrogato di vita eterna, non più offerta dalla religione. Come altro spiegare il fervore cieco, le ristrettezze monacali, la diffidenza per il diverso, l'odio viscerale per l'impuro? 

Come spesso accade nel mondo moderno, ci troviamo di fronte a un fenomeno di massa che supplisce a bisogni atavici dell'uomo, evidentemente primari. La mortificazione della carne, non tramite astinenza sessuale o cilicio, ma attraverso la privazione del gusto e la sofferenza-godimento dello sforzo. La conservazione del corpo in luogo di quella dell'anima, che ormai nel terzo millennio è considerata (giustamente, per quanto mi riguarda) superata. E poi, se proprio andiamo a guardare i cavilli, la chiesa cattolica predica la resurrezione della carne, quindi siamo sempre lì, alla ricerca di una perfezione teoricamente spirituale ma terribilmente terrena, abbinata alla critica dell'estetica dominante (non dobbiamo avere un corpo perfetto - critica all'estetica televisiva - ma dobbiamo avere un corpo perfetto - timore della morte traslato sul cibo). Se aggiungiamo che non di rado (ma non esclusivamente) certi comportamenti sono accompagnati dall'avvicinamento a mistiche discipline orientali sostitutive, tutto torna.
Il vuoto morale dei tempi moderni.

Insisto: fate sport, mangiate sano, ma riempite i vostri vuoti con un raviolo cinese alla griglia. O con delle schifosissime merendine confezionate. Oppure, riempitelo con un panino, fatto con amore e grassi insaturi, dopo giornate di dure fatiche e di pranzi a base di insalatine insipide.

Riempitelo con Burger Time, con una razionale leggerezza e con una consapevole rassegnazione.

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