lunedì 2 dicembre 2013

Trucchetti: aiuto per inesperti o piaga sociale?

Il potere a portata di tastiera

Devo chiarire subito una cosa: questo post potrebbe urtare la sensibilità di molti lettori.
Si annuncia un viaggio nel cuore di tenebra dei videogiochi e soprattutto dei giocatori: un viaggio alla scoperta dei famigerati trucchetti, diabolici codici di cui chi scrive è purtroppo caduto vittima più volte.
Per chi vive nei quartieri alti del gaming, lontano dal grigiore delle periferie depresse che per le più disparate cause sociali cadono vittima di innumerevoli scherzi del destino, ricordo che i trucchetti, o cheat code se siete fighetti, sono dei codici, delle password, delle sequenze di joystick/pulsanti che rendono il gioco molto (ma molto) più facile per il giocatore.
Gli individui disagiati sono i primi a soccombere
Tutto ha inizio, come quasi tutto nella storia del videogioco, nelle oscure sale giochi, dove monolitici cabinati, bruciati da sigarette e deformati dagli infiniti calci sferrati con rabbia cieca, hanno influito sul comportamento umano delle ultime generazioni più dei parallelepipedi alieni di Kubrickiana memoria.
Di certo rammentate Bubble Bobble. Ebbene, in quel gioco innocente c'è la chiave per comprendere ogni comportamento deviante. Ricordate la sequenza sinistra salto sinistra start1 sinistra sparo sinistra start1? Era il codice da immettere prima di iniziare la partita, in modo da ottenere il power up velocità-sparoveloce-sparolontano. Caramelle ai bambini. Il giovane sprovveduto, consapevole di questo segreto-chiave per completare il gioco, si sentiva galvanizzato. Un segreto tramandato a voce, imparato con la pratica: come nelle ancestrali società tribali, il sapere era visto con un misto di sospetto e timore reverenziale, e chi lo possedeva sceglieva con oculatezza chi rendere edotto, perché, come tra i navajos solo gli sciamani possono sopportare il fardello del peyote, non tutti possono gestire tanto potere.
Il potere e la conoscienza non sono condivisi da tutti: gli esclusi protestano.
Ovviamente questo creava un pesante clima di tensione tra gli esclusi, che tendevano a loro volta ad escludere il sapiente. Il percorso verso l'emarginazione per colpa dei trucchetti era tracciato.
Con il passare del tempo, i programmatori, esseri senza scrupoli che pensano solo al denaro, al successo e al sesso prematrimoniale, capirono che per garantire il successo di un gioco era necessario regalare al giocatore la stessa sensazione di onnipotenza che era garantita dalla sequenza del power up di Bubble Bobble. Certo, erano secoli bui: internet non era ancora diffusa, e il segreto della potenza era gestito da pochi saggi. Ma, insieme a loro, alcuni sventurati venivano informati da riviste (un ormai desueto mezzo di comunicazione), o da amici sprovveduti, o tramite un mercato nero ancora embrionale ma che presto sarebbe diventato fiorente.
Tra la fine degli anni ottanta e nei primi anni novanta i giochi erano difficilissimi. Civilization, Sim City e i primi gestionali facevano la comparsa nel mercato di massa, e di lì a poco Doom avrebbe polverizzato ogni record di vendita. La gente aveva bisogno di sentirsi forte, capace, imbattibile. E i trucchetti davano loro questa illusione. Il fenomeno era ancora estraneo alla feccia del mondo dei videogiochi, ma in quegli stessi anni Internet stava finalmente diventando uno strumento alla portata di tutti. In pochi click, da lì a poco, chiunque avrebbe potuto appropriarsi di tutti i trucchetti che aveva bisogno.
Primitivi metodi di diffusione
E la piaga scoppiò. Investendomi in pieno, perché ero debole e indegno.
Per tutti gli anni novanta non sono riuscito a finire un solo gioco senza trucchetti, se avevo la possibilità di inserirli.
Quake uno e due: munizioni infinite e immortalità.
I vari Sim City e Civilization: soldi infiniti.
Commandos: immortale pure lì.
Monkey Island: fiato infinito.

L'unico gioco in cui non riuscii ad inserire i codici fu Baldur's Gate. O meglio, li inserii eccome, ma per qualche strano motivo il mio personaggio, un guerriero/ladro/mago/drago/elfo di centoventesimo livello con armi +5 e protezione da fuoco-male-gelo-gatti, non appariva sullo schermo. Quella innaturale e ingiusta particolarità mi fece capire che i trucchetti erano il male. E giocai come si deve. Sudando, morendo, e infine riuscendo. Non trassi nessuna lezione per quanto riguarda la vita reale (e visto come ho giocato a Tropico l'altro giorno, nemmeno per quella virtuale), ma certo mi divertii un sacco.
Quel che è certo è che il trucchetto agisce proprio come l'eroina. In un primo momento hai quel brivido rassicurante, di benessere diffuso, accogliente e piacevole. I tuoi problemi sono lontani. Poi ritorni alla realtà, il mostro è tornato e tu non sei più invulnerabile, oppure un uragano si è abbattuto sulla tua città e non hai i fondi per le riparazioni. E allora ci ricaschi. Lo faccio per i cittadini, sussurri. In fondo il senso del gioco è costruirsi una bella metropoli, ti dici. Alla fine quel mostro l'avrei ucciso lo stesso, ho solo risparmiato tempo, ti ripeti. E a quel punto il cheat code non regala più il brivido iniziale di piacere, ma è semplicemente necessario, perché senza non si va avanti.

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